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La pubblicazione di un post su Facebook nel quale si ravvede una diffamazione è idonea a ledere irrimediabilmente il vincolo fiduciario del rapporto di lavoro pertanto è lecito il provvedimento massimo del licenziamento.
Un lavoratore aveva pubblicato sul popolare social network Facebook un post nel quale esprimeva un commento denigratorio nei confronti del datore di lavoro, scrivendo: ” mi sono rotta i coglioni di questo posto di merda e per la proprietà”. In aggiunta alle invettive la lavoratrice, già avendo ricorso in passato a numerosi episodi di assenza per eventi morbosi, aveva scritto che sarebbe ricorsa a malattie asintomatiche nel qual caso avrebbe avuto dissensi con il proprio lavoratore. Tale atto , a parere della Suprema Corte , rappresentava una palese diffamazione poichè pubblicandola su Facebook aveva avuto una potenziale capacità di raggiungere un numero indeterminato di persone comunque, apprezzabile per composizione numerica, con la conseguenza che, se, come nella specie, lo stesso è offensivo nei riguardi di persone facilmente individuabili, la relativa condotta integra gli estremi della diffamazione e come tale correttamente il comportamento deve essere valutato in termini di giusta causa, in quanto idoneo a recidere il vincolo fiduciario nel rapporto lavorativo.
Perciò attenzione alla mania di sfogarsi sui social.
Rag. Piergiorgio Cefaro – Vietata qualsiasi riproduzione anche parziale