L’obbligazione contributiva delle ferie non godute
Novembre 4, 2018Certificazione dei contratti ed effetti sulle ispezioni sul lavoro – Circolare n. 9 del 1^ giugno 2018
Novembre 18, 2018La Certificazione dei contratti di lavoro
Il Decreto Legislativo n. 276 del 2003 (artt. 75 – 81) con lo scopo di ridurre il contenzioso ha istituito la possibilità di certificare i contratti di lavoro, ossia su base volontaria le parti datore di lavoro e lavoratore rivolgendosi presso Commissioni istituite in determinate sedi stabilite dalla legge chiedono che il contratto che hanno posto in essere o vorranno porre in essere venga esaminato e valutato al fine di ottenere la coerenza formale tra la volontà espressa dalle parti stipulanti e le clausole contenute nel contratto da certificare.
Successivamente l’articolo 30 del Collegato Lavoro (Legge n. 183/2010) ha fortificato la validità dei contratti certificati nei confronti dell’autorità giudiziaria vincolando il giudice alla volontà espressa dalle parti in sede di certificazione tranne in casi di erronea qualificazione del contratto, vizi del consenso, o difformità tra il programma negoziale certificato e la concreta attuazione verificata (art. 30, co. 2, l.n. 183/2010).
Le Commissioni di certificazioni hanno competenza di certificare, dopo l’ampliamento delle competenze operato dal Jobs Act Legge 183/2014, sulle seguenti ipotesi:
- contratto di collaborazione coordinata e continuativa: L’art.2 del Dlgs n.81/15 prevede l’abrogazione del contratto a progetto. Dal 1° gennaio 2016, si applica la disciplina del lavoro subordinato anche ai rapporti di collaborazione che si concretizzano in prestazioni di lavoro personali e continuative, le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro. Le parti possono richiedere alle Commissioni di certificare la genuinità, cioè l’assenza di questi requisiti che invaliderebbero l’autonomia del rapporto di lavoro, in particolare la mancata ingerenza sui tempi e sul luogo di lavoro da parte del committente, oltre al carattere non personale e non continuativo delle prestazioni (etero-organizzazione);
- contratti di lavoro intermittente, ripartito, a tempo parziale: L’articolo 6 del decreto L.gs. 81/2015 vede in prima linea le commissioni di certificazione, questa volta nella stipula della clausola elastica del contratto part time.Si tratta della possibilità di modificare per il datore l’orario stabilito nel contratto individuale.È infatti previsto che se il contratto collettivo applicato al rapporto non le disciplini, possono essere pattuite per iscritto dalle parti avanti alle commissioni di certificazione;
- apprendistato :la formale adeguatezza della formazione nei contratti di apprendistato
- contratti di appalto: Le procedure di certificazione possono essere utilizzate, sia in sede di stipulazione di appalto ex articolo 1655 del Codice civile sia nelle fasi di attuazione del relativo programma negoziale, anche per la distinzione concreta tra somministrazione e appalto.
- clausole contrattuali (ad es. retribuzione, mansioni, orari, ecc.) ivi comprese le norme in tema di instaurazione di un rapporto di lavoro, esercizio dei poteri datoriali, trasferimento di azienda e delle tipizzazioni di giusta causa e di giustificato motivo nei contratti individuali di lavoro, di cui il giudice tiene conto nel valutare le motivazioni poste a base del licenziamento
- Patto di demansionamento : l’articolo 3 del decreto L.gs. n. 81/2015 ha introdotto e regolato il cd. patto di demansionamento che è consentito in uno dei seguenti casi:
- – conservazione dell’occupazione;- acquisizione di una diversa professionalità;- miglioramento delle condizioni di vita.L’accordo, dal quale consegue la modifica delle mansioni, della categoria legale e del livello di inquadramento e della relativa retribuzione, è consentito nell’interesse del lavoratore.
- deposito regolamento interno delle cooperative: La procedura di certificazione è estesa al contenuto del regolamento interno delle cooperative riguardante la tipologia di rapporti di lavoro attuati o che s’intendono attuare, in forma alternativa, con i soci lavoratori, ex articolo 6 della legge n. 142/01
- patto di concorrenza e clausola compromissoria: Certificazione della clausola compromissoria di cui al comma 10 dell’art. 31 legge n.183/10. La clausola compromissoria va certificata a pena di nullità da una commissione di certificazione, la quale deve accertare la effettiva volontà di ciascuna parte di devolvere ad arbitri le eventuali controversie nascenti dal rapporto di lavoro (escluse quelle relative alla risoluzione del contratto di lavoro);
- Sicurezza del lavoro: Certificazione degli standard contrattuali e organizzativi nell’impiego della manodopera, anche in relazione agli appalti e alle tipologie di lavoro flessibile, ai fini della qualificazione delle imprese per la sicurezza di cui all’art. 27, D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81;
- rinunce e transazioni: ai sensi art. 2113 c.c. Le Commissioni di certificazione sono competenti anche a certificare le rinunzie e transazioni di cui all’articolo 2113 del Codice civile a conferma della volontà abdicativa o transattiva delle parti;
- La funzione conciliativa facoltativa di cui all’art. 31, comma 13, L. 4 novembre 2010, n. 183 per le controversie relative ai rapporti di cui all’art. 409 cod. proc. civ.
- La funzione conciliativa obbligatoria di cui all’art. 410cod. proc. civ. per lecontroversie aventi ad oggettoi contratti certificati dallamedesima Commissione, ai sensi dell’art. 80, comma 4, D.Lgs. n. 276 del 2003;
- Certificazione della presenza di personale, in percentuale non inferiore al 30 per cento della forza lavoro, con esperienza almeno triennale relativa a lavori in ambienti sospetti di inquinamento o confinati con contratto di appalto;
- Dimissioni Certificazione della volontà dei lavoratori di rassegnare le dimissioni o di sottoscrizione di atti di risoluzione consensuale. Tale certificazione perfeziona l’atto di interruzione del rapporto di lavoro in luogo della procedura on-line di cui al DM 15 dicembre 2015;
Comunque in virtù della identificazione di qualsiasi prestazione lavorativa si deve intendere che è certificabile qualsiasi accordo dove sia deducibile l’utilizzo di prestazioni lavorative non anche tipizzati dal decreto e indipendentemente dalla loro qualificazione subordinata/autonoma, come per esempio i contratti di agenzia e rappresentanza commerciale.
QUALE EFFICACIA HA UN CONTRATTO CERTIFICATO?
La procedura di certificazione di un contratto ha il suo passaggio cruciale nell’audizione delle parti contraenti per verificare che il contratto sia conforme alla legge e al contratto collettivo applicato.
Il rifiuto definitivo della certificazione potrà essere evitato mediante il suggerimento delle opportune correzioni da apportare all’accordo stesso, difatti la Commissione certificatrice può svolgere anche una funzione di assistenza e consulenza alle parti sia in fase di stipula che durante il contratto e può prima di rigettare l’istanza proporre soluzioni in modo che il contratto rispetti i criteri di certificazione.
Le parti possono fare espressa richiesta, nell’istanza di certificazione, che gli effetti civili, amministrativi, previdenziali o fiscali, non producano effetti solo nei confronti delle due parti ma anche verso terzi, in questo caso l’atto di certificazione ha un efficacia giuridica anche verso terzi, che possono essere l’INL, INPS,INAIL, L’ENPALS, l’ENASARCO etc. difatti l’art. 79 del decreto dice”gli effetti dell’accertamento dell’organo preposto alla certificazione del contratto di lavoro permangono, anche verso i terzi, fino al momento in cui sia stato accolto, con sentenza di merito, uno dei ricorsi giurisdizionali esperibili ai sensi dell’art. 80, fatti salvi i provvedimenti cautelari”.
LE OPPOSIZIONI ALLA CERTIFICAZIONE
Definita positivamente la procedura, il contratto può definirsi certificato, ossia conforme alla legge e al contratto collettivo applicato. Ma è in qualche modo opponibile? Ossia il lavoratore o un terzo può contestarlo o comunque far valere un diritto diverso rispetto all’accordo certificato? L’art. 80, comma 1, del decreto stabilisce che “Nei confronti dell’atto di certificazione, le parti e i terzi nella cui sfera giuridica l’atto stesso è destinato a produrre effetti, possono proporre ricorso, presso l’autorità giudiziaria di cui all’articolo 413 del codice di procedura civile, per erronea qualificazione del contratto oppure difformità tra il programma negoziale certificato e la sua successiva attuazione. Sempre presso la medesima autorità giudiziaria, le parti del contratto certificato potranno impugnare l’atto di certificazione anche per vizi del consenso” ( cioè l’errore, la violenza e il dolo) . Non prima tuttavia proporre in primo luogo il tentativo di conciliazione presso la medesima commissione di certificazione e successivamente possono proporre ricorso giudiziario per rivendicare la corretta qualificazione del contratto, con ogni conseguenza. Perciò la qualificazione certificata resiste alle contestazioni degli organi di vigilanza e conserva efficacia fino a sentenza del Tribunale, rappresentando quindi uno strumento decisamente deflativo delle controversie.
Perciò i casi di opponibilità della certificazione sono:
- erronea qualificazione del contratto da parte della Commissione di certificazione con effetto giudiziale dal momento della conclusione dell’accordo contrattuale (art. 80, comma 2);
- per difformità tra il programma negoziale e la sua successiva attuazione con effetto dal momento in cui il giudizio consente di accertare che ha avuto inizio la difformità stessa (art. 80, comma 2).
Solo le parti interessate possono opporsi per vizio del consenso, mentre in caso di violazione del procedimento o per eccesso di potere l’opposizione deve essere fatta dinanzi al TAR con l’annullamento del provvedimento certificatorio non incidendo sul contratto di lavoro che prosegue a produrre i suoi effetti.
Come già anticipato precedentemente, come prescrive l’ art. 80, comma 4, D.Lgs. n. 276/2003 per poter procedere al ricorso di opposizione giudiziale alla certificazione è obbligatorio espletare un tentativo obbligatorio di conciliazione da espletarsi davanti alle stesse commissioni di certificazione che hanno emanato il provvedimento e tra le ipotesi di impugnazione c’è la qualificazione del contratto, la difformità tra il programma negoziale certificato e la sua successiva attuazione, ovvero i vizi del consenso. Vista l’efficacia giuridica della certificazione anche verso i terzi (art. 79 D.Lgs. n. 276/2003), il tentativo di conciliazione è obbligatorio sia per le parti che hanno sottoscritto il contratto certificato, sia per i terzi interessati (ad esempio gli enti amministrativi) che intendano agire contro l’atto di certificazione (Min. lav., nota del 25 novembre 2010).
LE COMMISSIONI DI CERTIFICAZIONE
Le commissioni di certificazione con cui avviare il procedimento sono quelle appositamente istituite presso:
- gli enti bilaterali costituiti dalle associazioni di datori e prestatori di lavoro nell’ambito territoriale di riferimento o a livello nazionale
- le ex Direzioni Territoriali del Lavoro (Decreto Ministeriale 21 luglio 2004), oggi Ispettorati Territoriali del Lavoro
- le Province (Decreto Ministeriale 21 luglio 2004)
- i Consigli Provinciali dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro (elenco commissioni)
- le università pubbliche e private registrate nell’Albo istituito presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali(Decreto Interministeriale 14 giugno 2004)
- Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali (ai sensi dell’art 76, lett. C-bis) del d. lgs. 10 settembre 2006, n. 2003
Per qualsiasi informazione sulla certificazione dei contratti presso il Consiglio Provinciale dell’Ordine dei Consulenti del lavoro di Roma clicca qui
Rag. Piergiorgio Cefaro – Vietata qualsiasi riproduzione anche parziale