Licenziamento illegittimo: sentenza Corte Costituzionale n. 86 del 2018
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Giugno 13, 2018Licenziamento illeggittimo: l’imponibilità delle sanzioni alla luce della sentenza della Corte Costituzionale n. 86/2018
In caso di accertamento giudiziale di licenziamento illegittimo gli effetti sanzionatori per il datore di lavoro sono diversi a seconda delle seguenti condizioni:
- il numero di lavoratori occupati dal datore di lavoro:
- applicazione della tutela reale: per i datori di lavoro oltre i 15 dipendenti (art. 18, legge 300/1970)
- applicazione della tutela obbligatoria: per i datori fino a 15 dipendenti (art. 8, legge 604/1966)
II. il momento in cui è avvenuto il licenziamento:
- ante 17.7.2012: applicazione dell’originario art. 18 della legge 300/1970
- dal 18.7.2012: applicazione dell’art. 18 della legge 300/1970 (così come modificato dalla legge 92/2012)
III. il momento dell’assunzione del lavoratore:
- assunti ante 7.3.2015: applicazione dell’art. 18 legge 300/1970
- assunti dal 7.3.2015: applicazione delle tutele crescenti ai sensi del D.Lgs. 23/2015
Il sistema sanzionatorio si raggruppa di tre parti:
- sanzioni giuridiche: reintegra o riassunzione
- sanzioni economiche: indennitarie o risarcitorie
- sanzioni contributive: ripristino della posizione contributiva
Regime fiscale e contributivo delle somme corrisposte in caso di licenziamento illegittimo.
Cessazione del rapporto di lavoro ( in caso di decisione del dipendente al pagamento delle 15 mensilità invece della reintegra) le indennità saranno assoggettate a tassazione separata a mente dell’art. 17, c. 1, lett. a) del D.P.R. 917/1986, ossia tramite l’applicazione dell’aliquota di tassazione del TFR così come calcolata dal datore di lavoro all’atto della risoluzione del rapporto di lavoro.Sotto l’aspetto previdenziale e assistenziale, trattandosi di un’indennità risarcitoria (tra l’altro collegata alla cessazione del rapporto di lavoro), si deve escludere l’assoggettamento a contributi, in virtù di quanto indicato dalla lett. b), del comma 4, dell’art. 12 della L. 153/1969 (v. Circ. INPS 6/2014).
In caso di reintegra , occorre stabilire se siamo in applicazione di commi 2 e 3 o del comma 4 dell’art. 18 della legge 300/1970.
In caso di reintegra “piena” siamo di fronte alle conseguenze similari alla vecchia versione dell’art. 18 della L. 300/1970 e pertanto l’indennità da corrispondersi a copertura del periodo decorrente dal licenziamento alla reintegra dovrà essere assoggettata a tassazione separata ex art. 17, co. 1, lett. b) del D.P.R. 917/1986 (tassazione arretrati) ove riferita ad arretrati di anni precedenti mentre tassata con modalità ordinaria, tramite applicazione degli scaglioni di cui all’art. 11 del D.P.R. 917/1986, per il periodo di maturazione nell’anno della reintegra prendendo a base di calcolo l’ultima retribuzione globale di fatto presente al momento del licenziamento. Il regime contributivo sarà pieno, come se il lavoratore avesse sempre lavorato e pertanto anche considerando eventuali aumenti retributivi dettati da rinnovi contrattuali.
In caso di reintegra “mitigata” è invece necessario fare riflessioni più approfondite anche alla luce di quanto affermato dalla sentenza della Corte Costituzionale 23 aprile 2018, n. 86.
Conseguenze della sentenza della Corte Costituzionale
Aspetto tributario della sanzione prevista dal comma 4 dell’art. 18 legge 300/1970: analizzare gli aspetti quali la natura impositiva dell’indennità e la sua modalità di tassazione. Il primo aspetto la sentenza dice: “Viene, in tale contesto, in rilievo il “lucro cessante” – il mancato guadagno, cioè, subito dal lavoratore per effetto, prima, del licenziamento illegittimamente intimato e, poi, della mancata riassunzione – e tale voce di danno è coerentemente rapportata a quanto il dipendente avrebbe percepito se, senza il licenziamento, avesse continuato a lavorare e poi se, dopo l’annullamento di questo, fosse stato riassunto in esecuzione dell’ordine di reintegrazione imposto dal giudice”. Perciò è pacifico considerare in questo caso l’indennità come legata al rapporto di lavoro pertanto è assoggettata ad imposizione. L’indennità risarcitoria commisurata all’ultima retribuzione globale di fatto per il periodo dal giorno del licenziamento sino a quello dell’effettiva reintegra (detratto il c.d. aliunde perceptum e l’aliunde percipendum) sarà imponibile fiscale in quanto sostitutiva di un reddito derivante da lucro cessante (mancato guadagno) e non da danno emergente. Tale somma fiscalmente sarà da considerare reddito di lavoro dipendente ai sensi e per gli effetti del combinato disposto dell’art. 6, co. 2 e dell’art. 49 D.P.R. 917/1986. Ma con quale modalità? Tassazione separata o ordinaria? In un primo momento tra gli operatori si era diffusamente ritenuto di considerare questi importi di natura retributiva pertanto per le retribuzioni collegate ad anni precedenti, applicazione della tassazione separata ex artt. 17, co. 1, lett. b) e 21 del D.P.R. 917/1986 (Aliquota media del biennio precedente) per le retribuzioni collegate ai mesi del periodo d’imposta corrente, applicazione della tassazione ordinaria (aliquote a scaglioni di reddito ex art.11 del d.P.R. 917/1986). Tuttavia tale orientamento presterebbe il fianco ad alcune definizioni letterali presenti nella norma che non possono essere trascurate e che la stessa sentenza della Corte Costituzionale 86/2018 approfondisce.
In prima analisi si deve premettere che nel comma 4 è presente l’aggettivo qualificativo “risarcitoria” che attribuisce una qualità all’indennità non rinvenibile sia nel comma 2 dell’art. 18 della L. 300/1970 (ante L. 92/2012) sia nel comma 2 del novellato articolo 18. Il limite massimo di 12 mensilità della retribuzione globale di fatto (da intendersi quale ultima retribuzione globale di fatto), pertanto, potrebbe far ritenere la predetta indennità risarcitoria un valore unico, non concettualmente suddivisibile, e non un calcolo di arretrati di lavoro maturabili di mese in mese dalla data del licenziamento alla data dell’effettiva reintegra. Il considerare detta indennità quale indennità di natura risarcitoria e non retributiva pone seri dubbi in merito all’applicabilità della tassazione separata non potendo considerare “arretrati da lavoro” le predette somme; motivo per il quale, per lo meno prudenzialmente, il sostituto d’imposta dovrebbe applicare su detto importo la, generalmente, più sfavorevole tassazione ordinaria ai sensi dell’art. 23 del D.P.R. 600/1973.
Sotto l’aspetto contributivo, il comma 4 dell’art. 18 della legge 300/19070 prevede il versamento dei contributi assistenziali e previdenziali dovuti sulle retribuzioni maturate dal lavoratore durante il periodo intercorrente fra la data di licenziamento e la data di effettiva reintegra, indipendentemente dalla misura dell’effettiva del risarcimento liquidato al lavoratore, comprensiva degli interessi nella misura legale senza applicazione delle sanzioni per omesso o ritardato versamento contributivo. Pertanto l’indennità risarcitoria erogata non potrà essere assoggettata direttamente a contributi in quanto quest’ultimi dovranno essere calcolati e quindi versati già in base al “periodo di scopertura” determinato dal momento del licenziamento all’effettiva reintegra. In questo caso, a differenza di quanto previsto per la determinazione dell’indennità risarcitoria (“ultima retribuzione”) i contributi saranno calcolati sulla retribuzione che il lavoratore avrebbe dovuto ricevere se fosse stato in servizio; mentre, a differenza di quanto previsto dal comma 2, ultimo periodo, dell’art. 18 della L. 300/1973, non sono previste sanzioni per omesso o ritardato versamento contributivo.